Il Bitto – Formaggio Storico

Oggi voglio parlare del Bitto, trascurerò le caratteristiche organolettiche, le proteine, le calorie e tutto ciò raccolto in questo meraviglioso formaggio. Ma, rischiando di annoiare, cercherò di sintetizzare la lunga storia che portò alla sua esistenza e la particolare lavorazione del latte per arrivare a tanto risultato. Comincio così parlando del “calècc”: tipica costruzione in pietra fissa coperta da un telo mobile, usata per la produzione del formaggio. Presente unicamente nelle valli del Bitto, rappresenta un patrimonio storico, culturale e ambientale esclusivo, costruito per ottimizzare la qualità del prodotto. Le condizioni base per ottenere il meglio del formaggio Bitto sono: 1) Lavorare il latte appena munto, ancora caldo naturale; 2) La vacca non deve essere stanca, il latte in tal modo risulta più concentrato; ecco allora che non è la vacca che va al “calècc”, ma il “calècc” che va alla vacca. Esaurita l’erba intorno, si lascia la struttura in pietra, si prende il telo che servirà per la prossima costruzione. La mandria in questo modo è sempre attorno ad un “calècc”. Questo modo di fare ha permesso al Bitto di rappresentare una delle massime espressioni del lavoro contadino in montagna.

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Capita talvolta, camminando per le montagne orobiche, di trovare in mezzo di un prato una sorta di residuo o rovina di capanna, quattro muri a secco poco più alti di un metro, trattasi di un residuo di storia antichissima e ancora viva: quelle pietre non sono una capanna semidistrutta, quello è un “calècc” ossia il centro di una stazione d’alpeggio estivo delle mandrie. Su di esso gli alpeggiatori pongono un telone e sotto mettono la caldaia e dispongono il focolare per produrre il formaggio. Nel “calècc” gli uomini mangiano e riposano durante la notte. Intorno, le vacche e le capre consumano le aromatiche erbe dei prati. Il “calècc” vive per qualche giorno, finchè si esaurisce il pascolo e poi viene abbandonato per un altro. Il formaggio riposa nella “casera”, altra caratteristica struttura di montagna, su mensole di larice per circa tre mesi, il tempo che dura la stagione di alpeggio. Ai primi freddi di settembre le mandrie vengono condotte a valle, con loro scendono gli uomini portando il formaggio prodotto. Nel periodo del brutto tempo, il bestiame viene tenuto nelle stalle dei villaggi, posti a fondo valle e alimentato con i foraggi ottenuti sulla media costa. Questo modo di allevare il bestiame e di trasformare il latte in formaggio, risale alla notte dei tempi.

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Il Bitto si produce nel comprensorio alpino delle valli di Albaredo e Gerola, nel cuore del Parco delle Orobie Valtellinesi. E’ stato riconosciuto dall’Unione Europea con il marchio DOP (Denominazione di Origine Protetta). Le fasi produttive si svolgono secondo gli usi tradizionali, legati alle caratteristiche ambientali, nel periodo compreso tra il primo di giugno e il 30 di settembre. La maturazione deve essere protratta per almeno settanta giorni. Dopo un anno circa di stagionatura il prodotto può essere grattugiato come condimento. La stagionatura può protrarsi anche per diversi anni, senza alterare le caratteristiche organolettiche e strutturali del formaggio, ma, anzi, nobilitandole; ci sono particolari formaggelle stagionate 10 anni.

www.formaggiobitto.com

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